S. Giovanni Battista è un grande santo, forse il più grande fra i santi.
Ma è grande soltanto perché è stato capace di divenire piccolo.
Questo il segreto della sua grandezza e della sua santità e il motivo della perenne attualità del suo messaggio. Niente di meglio per commentare questo messaggio, dunque, che le parole di due sommi pontefici i quali, sull'esempio del Battista, sono stati capaci di diminuire: papa Benedetto, con la sue dimissioni, e papa Francesco, col suo quotidiano invito alla Chiesa e ad ogni cristiano ad essere piccoli, poveri, umili. Citeremo omelie da loro pronunciate per la Nascita e il Martirio del nostro santo, in occasione di queste due ricorrenze liturgiche con cui viene celebrato ogni anno dalla Chiesa universale (e come solennità nella nostra Parrocchia) rispettivamente il 24 giugno e il 29 agosto.
PAPA FRANCESCO
MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA
DOMUS SANCTAE MARTHAE
Martedì, 24 giugno 2014
"Preparare, discernere, diminuire. In questi tre verbi è racchiusa l’esperienza spirituale di san Giovanni Battista, colui che ha preceduto la venuta del Messia «predicando il battesimo di conversione» al popolo di Israele. E Papa Francesco, durante la messa celebrata a Santa Marta nella mattina di martedì 24 giugno, solennità della Natività del Precursore, ha voluto riproporre questo trinomio come paradigma della vocazione di ogni cristiano, racchiudendolo in tre espressioni riferite all’atteggiamento del Battista nei confronti di Gesù: «Dopo di me, davanti a me, lontano da me».
Giovanni ha lavorato anzitutto per «preparare, senza prendere niente per sé». Egli, ha ricordato il Pontefice, «era un uomo importante: la gente lo cercava, lo seguiva», perché le sue parole «erano forti» come «spada affilata», secondo l’espressione di Isaia (49, 2). Il Battista «arrivava al cuore» della gente. E se «forse ha avuto la tentazione di credere che fosse importante, non vi è caduto», come dimostra la risposta data ai dottori che gli chiedevano se fosse il Messia: «Sono voce, soltanto voce — ha detto — di uno che grida nel deserto. Io sono soltanto voce, ma sono venuto a preparare la strada al Signore». Il suo primo compito, dunque, è «preparare il cuore del popolo per l’incontro con il Signore».
Ma chi è il Signore? Nella risposta a questo interrogativo c’è «la seconda vocazione di Giovanni: discernere, tra tanta gente buona, chi fosse il Signore». E «lo Spirito — ha osservato il Papa — gli ha rivelato questo». Cosicché «lui ha avuto il coraggio di dire: “È questo. Questo è l’agnello di Dio, quello che toglie i peccati dal mondo”». Mentre «nella preparazione Giovanni diceva: “Dietro di me viene uno...”, nel discernimento, che sa discernere e segnare il Signore, dice: “Davanti a me... è questo”».
Qui si inserisce «la terza vocazioni di Giovanni: diminuire». Perché proprio «da quel momento — ha ricordato il vescovo di Roma — la sua vita incominciò ad abbassarsi, a diminuire perché crescesse il Signore, fino ad annientare se stesso». È stata questa, ha fatto notare Papa Francesco, «la tappa più difficile di Giovanni, perché il Signore aveva uno stile che lui non aveva immaginato, a tal punto che nel carcere», dove era stato rinchiuso da Erode Antipa, «ha sofferto non solo il buio della cella, ma il buio del suo cuore». È stato assalito dai dubbi: «Ma sarà questo? Non avrò sbagliato?». Tanto che, ha ricordato il Pontefice, chiede ai discepoli di andare da Gesù per domandargli: «Ma sei tu davvero o dobbiamo aspettare un altro?».
«L’umiliazione di Giovanni — ha sottolineato il vescovo di Roma — è doppia: l’umiliazione della sua morte, come prezzo di un capriccio», ma anche l’umiliazione di non poter scorgere «la storia di salvezza: l’umiliazione del buio dell’anima». Quest’uomo che «aveva annunciato il Signore dietro di lui», che «lo aveva visto davanti a lui», che «ha saputo aspettarlo, che ha saputo discernere», ora «vede Gesù lontano. Quella promessa si è allontanata. E finisce solo, nel buio, nell’umiliazione». Non perché amasse la sofferenza, ma «perché si è annientato tanto perché il Signore crescesse». È finito «umiliato, ma con il cuore in pace».
«È bello — ha affermato in conclusione Francesco — pensare la vocazione del cristiano così». Infatti «un cristiano non annunzia se stesso, annunzia un altro, prepara il cammino a un altro: al Signore». Inoltre «deve sapere discernere, deve conoscere come discernere la verità da quello che sembra verità e non è: uomo di discernimento». E infine «dev’essere un uomo che sappia abbassarsi perché il Signore cresca, nel cuore e nell’anima degli altri».
BENEDETTO XVI
UDIENZA GENERALE
Castel Gandolfo
Mercoledì, 29 agosto 2012
Cari fratelli e sorelle, in quest’ultimo mercoledì del mese di agosto, ricorre la memoria liturgica del martirio di san Giovanni Battista, il precursore di Gesù. Nel Calendario Romano, è l’unico Santo del quale si celebra sia la nascita, il 24 giugno, sia la morte avvenuta attraverso il martirio. Quella odierna è una memoria che risale alla dedicazione di una cripta di Sebaste, in Samaria, dove, già a metà del secolo IV, si venerava il suo capo. Il culto si estese poi a Gerusalemme, nelle Chiese d’Oriente e a Roma, col titolo di Decollazione di san Giovanni Battista. Nel Martirologio Romano, si fa riferimento ad un secondo ritrovamento della preziosa reliquia, trasportata, per l’occasione, nella chiesa di S. Silvestro a Campo Marzio, in Roma.
Questi piccoli riferimenti storici ci aiutano a capire quanto antica e profonda sia la venerazione di san Giovanni Battista. Nei Vangeli risalta molto bene il suo ruolo in riferimento a Gesù. In particolare, san Luca ne racconta la nascita, la vita nel deserto, la predicazione, e san Marco ci parla della sua drammatica morte nel Vangelo di oggi. Giovanni Battista inizia la sua predicazione sotto l’imperatore Tiberio, nel 27-28 d.C., e il chiaro invito che rivolge alla gente accorsa per ascoltarlo, è quello a preparare la via per accogliere il Signore, a raddrizzare le strade storte della propria vita attraverso una radicale conversione del cuore (cfr Lc 3, 4). Però il Battista non si limita a predicare la penitenza, la conversione, ma, riconoscendo Gesù come «l’Agnello di Dio» venuto a togliere il peccato del mondo (Gv 1, 29), ha la profonda umiltà di mostrare in Gesù il vero Inviato di Dio, facendosi da parte perché Cristo possa crescere, essere ascoltato e seguito. Come ultimo atto, il Battista testimonia con il sangue la sua fedeltà ai comandamenti di Dio, senza cedere o indietreggiare, compiendo fino in fondo la sua missione. San Beda, monaco del IX secolo, nelle sue Omelie dice così: San Giovanni Per [Cristo] diede la sua vita, anche se non gli fu ingiunto di rinnegare Gesù Cristo, gli fu ingiunto solo di tacere la verità. (cfr Om. 23: CCL 122, 354). E non taceva la verità e così morì per Cristo che è la Verità. Proprio per l’amore alla verità, non scese a compromessi e non ebbe timore di rivolgere parole forti a chi aveva smarrito la strada di Dio.
Noi vediamo questa grande figura, questa forza nella passione, nella resistenza contro i potenti. Domandiamo: da dove nasce questa vita, questa interiorità così forte, così retta, così coerente, spesa in modo così totale per Dio e preparare la strada a Gesù? La risposta è semplice: dal rapporto con Dio, dalla preghiera, che è il filo conduttore di tutta la sua esistenza. Giovanni è il dono divino lungamente invocato dai suoi genitori, Zaccaria ed Elisabetta (cfr Lc 1,13); un dono grande, umanamente insperabile, perché entrambi erano avanti negli anni ed Elisabetta era sterile (cfr Lc 1,7); ma nulla è impossibile a Dio (cfr Lc 1,36). L’annuncio di questa nascita avviene proprio nel luogo della preghiera, al tempio di Gerusalemme, anzi avviene quando a Zaccaria tocca il grande privilegio di entrare nel luogo più sacro del tempio per fare l’offerta dell’incenso al Signore (cfr Lc 1,8-20). Anche la nascita del Battista è segnata dalla preghiera: il canto di gioia, di lode e di ringraziamento che Zaccaria eleva al Signore e che recitiamo ogni mattina nelle Lodi, il «Benedictus», esalta l’azione di Dio nella storia e indica profeticamente la missione del figlio Giovanni: precedere il Figlio di Dio fattosi carne per preparargli le strade (cfr Lc 1,67-79). L’esistenza intera del Precursore di Gesù è alimentata dal rapporto con Dio, in particolare il periodo trascorso in regioni deserte (cfr Lc 1,80); le regioni deserte che sono luogo della tentazione, ma anche luogo in cui l’uomo sente la propria povertà perché privo di appoggi e sicurezze materiali, e comprende come l’unico punto di riferimento solido rimane Dio stesso. Ma Giovanni Battista non è solo uomo di preghiera, del contatto permanente con Dio, ma anche una guida a questo rapporto. L’Evangelista Luca riportando la preghiera che Gesù insegna ai discepoli, il «Padre nostro», annota che la richiesta viene formulata dai discepoli con queste parole: «Signore insegnaci a pregare, come Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli» (cfr Lc 11,1).
Cari fratelli e sorelle, celebrare il martirio di san Giovanni Battista ricorda anche a noi, cristiani di questo nostro tempo, che non si può scendere a compromessi con l’amore a Cristo, alla sua Parola, alla Verità. La Verità è Verità, non ci sono compromessi. La vita cristiana esige, per così dire, il «martirio» della fedeltà quotidiana al Vangelo, il coraggio cioè di lasciare che Cristo cresca in noi e sia Cristo ad orientare il nostro pensiero e le nostre azioni. Ma questo può avvenire nella nostra vita solo se è solido il rapporto con Dio. La preghiera non è tempo perso, non è rubare spazio alle attività, anche a quelle apostoliche, ma è esattamente il contrario: solo se se siamo capaci di avere una vita di preghiera fedele, costante, fiduciosa, sarà Dio stesso a darci capacità e forza per vivere in modo felice e sereno, superare le difficoltà e testimoniarlo con coraggio. San Giovanni Battista interceda per noi, affinché sappiamo conservare sempre il primato di Dio nella nostra vita. Grazie.